Il Diario di Elena - Talete e l’arché
Sembra strano che un padre si metta a
leggere di nascosto il diario della figlia? Si sa che il diario è uno sfogo e
come tale deve rimanere segreto. Altrimenti lo sfogo non sarebbe più libero, ma
si trasformerebbe in funzione del lettore, come tutto ciò che è destinato a
essere pubblicato. Questo è il motivo che m’induce a non dichiarare ad Elena
che qualche volta mi approprio del suo quadernetto, non tanto per spiare le sue
mosse e i comportamenti dei suoi amici, seppure un po’ di curiosità è lecita da
parte di un genitore, quanto piuttosto affascinato dal modo di scrivere pieno
di neologismi e di termini gergali adolescenziali. La lingua, infatti, lungi
dal dover essere cristallizzata, sfugge al controllo cruscaiolo o, peggio,
razionalizzante dei grammatici, come Runco Anciddaro sfugge (scusate il
dialettismo, ma il nome di tale pesce è più bello e descrittivo in siciliano,
piuttosto che in italiano, Gronco, o in latino Conger conger). È quindi
interessante seguirne la libera sperimentazione, della lingua italiana intendo,
cercando di carpirne le possibili evoluzioni, fermo restando che la maggior
parte di tali neologismi avranno brevissima sorte. Così approfitto della
lezione di danza di Elena per attingere ancora ai suoi pensieri segreti. Vado
più indietro nel tempo, quasi all’inizio del quadernetto…
“Martedì
mattina.
Federica
mi zanzara nell’orecchio le sue smanie amorose, Lollodiqualollodilà, mentre un’apparizione
alla porta della nostra cella-aula merluzza tutti: una neoprof! Una specie in
via di estinzione, non se ne vedevano in giro dall’elementare, che entra
sorridente e salutante. Negli ultimi anni non si è mai presentato nessun
insegnante che non fosse Matusalemme. Questa è giovane, scuretta, lisciata, segni
particolari occhi truccati pesanti effetto smokey eyes permanente. “Sono la
professoressa Marrone, la vostra nuova insegnante di filosofia”. “Guardi che ha
sbagliato aula”, sillaba sardonico il Pleistocene, “la nostra insegnante di filosofia
è la Calamia”. Lei, nevermind, posa il malloppo di fogli sull’altare-cattedra,
poi si gira nel parlottio e spara la bomba: “C’è un cambiamento di programma,
per tutto l’anno rimarrò io con voi, la professoressa Calamia è stata dirottata
su altri corsi”. E sorride. “Mio padre si farà sentire, è una decisione presa
senza il parere dei Rappresentanti” balbetta il Pleistocene. Noialtri ci sottecchiamo
attendisti.
Solite
presentazioni, nomecognomequalemateriatipiacequalihobbyhaiprogettifuturi, mentre
riparte la chiacchiera, Fede riprende il suo Lollodiqualollodilà, il Ghiro mi fa
bersaglio per palledicarta nel tentativo di ottenere almeno un vaffa, Carla la
ciarla e Giada cinguettano infinite nel banco davanti, gli altri ammazzano il
tempo in ordine sparso, chi con il cellulare su Fb o al gioco Drag Racing, lo
capisci perché piegano alternativamente la testa a destra e sinistra di scatto guardando
sotto il banco.
Alla
fine blatera della nuova materia, di un tizio che camminando con la testa in
aria era caduto in un pozzo e di una giovane ragazza tracia che lo sfotteva. “Almeno
se l’è trombata?” commenta a mezzavoce Davide, il birichino della classe. “Perché
così la storia non ha sugo” insiste. “Infatti l’episodio viene riportato da
filosofi successivi”, non si scompone Smokeyes Orecchiofino, “in particolare da
Platone, per spiegare che i veri filosofi non tengono conto di ciò che val poco
o nulla, ma dirigono il loro pensiero alla ricerca delle verità nascoste. Non per
raccontare le storie d’amore del protagonista”. Quindi attacca con un altro
episodio sul tizio, che si scopre chiamarsi Talete, di come per dimostrare l’utilità
anche pratica della sapienza filosofica, prevedendo una buona produzione di
olive, avrebbe affittato assai per tempo tutti i frantoi della sua polis,
Mileto, per poi subaffittarli a prezzi più alti, guadagnando. “Paraculo!”
commenta Davide già più in tema.
Come
vegetali risvegliati dalla primavera, l’attenzione di ognuno germoglia quando
ci viene posta la domanda sulla causa che ha generato il mondo, cioè qual è il
principio, l’archè, dal quale si sono generate tutte le cose. Talete, un uomo
di una colonia greca della Ionia nel VI secolo avanti Cristo, si poneva cioè le
stesse domande che mi pongo io: da dove vengo? Quale principio (o Dio o demone
o Kaos) mi ha generato? Cosa c’è all’origine di tutte le cose? E questo Qualcosa
è una forza che mi sostiene ancora o mi ha solo partorito abbandonandomi a me
stessa?
Talete
risponde che tale principio è l’acqua. Una risposta non banale se penso che
tutte le creature vive nascono nell’acqua, mammiferi e ovipari accomunati dallo
stesso albume nutritivo, mentre i semi dei vegetali attendono sempre l’acqua
per germogliare. Tutti i viventi necessitano di acqua per tutta la loro vita. Non
esiste vita senza acqua. E mentre navigo in queste fantasie mi accorgo che
suona la campana e nessuno si muove. Tutti sono merluzzati, forse stanno
addirittura pensando! Il Pleistocene rimane allampanato anche quando Carlo, detto
Trosky, lo attacca: “Il punto è che la mente dei bigotti si rifiuta di considerare
un principio di tutte le cose non intelligente, perché diverso da quanto
scritto nella Bibbia!”
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