
Alberto, l’americano e la fotografia 2
Da qualche giorno è con noi un mio
parente americano, un ragazzotto in visita che, si è scoperto, intende il
viaggio in modo piuttosto insolito, almeno per me. Lo facciamo girare, infatti,
da buoni padroni di casa siciliani, per tutti i luoghi vicini di un qualche
interesse storico, artistico o naturalistico, e di tutti si mostra entusiasta,
fa complimenti, ma soprattutto li fotografa. Dopo, intendo dire non appena ha
scattato le pose che ritiene opportune del luogo, ha come la frenesia di
visitare subito qualcos’altro. Solo che la visita per lui sembra consistere
essenzialmente in una cattura continua di nuove immagini da salvare sul suo
tablet. Non sembra esserci nulla su cui vale la pena soffermarsi più di qualche
minuto, il tempo di una foto o due. Ripeto, di tutto parla con estremo
entusiasmo e con molta gentilezza, della fontana araba del XI secolo come della
piazza rifatta da Gae Aulenti a fine anni ’90, dalla caponata della zia Ciccina
ai “bruciuluna” della nonna Piera, dalla lunga spiaggia dorata di Alcamo marina
agli scogli e le calette dello Zingaro. Passa freneticamente dagli uni agli
altri, immagazzinando un numero elevatissimo di immagini, che forse non avrà
mai il tempo di riguardare. O forse le ha promesse ai genitori, ai parenti
siculo-americani; lo stesso così mi pare che perda completamente il gusto della
visita, non entra mai in sintonia con i tempi del mondo circostante, non vive
insieme a noi, ci trasforma solo in un lungo reportage.
Cerco di placare la sua smania,
facendogli respirare la nostra stessa aria provinciale, portandolo in piazza a
non far nulla, magari semplicemente salutare i conoscenti, prendersi un
aperitivo, abbassando il ritmo a cui è abituato. È quasi mezzogiorno quando a
bordo della c3 picasso guido lui, mia moglie ed Elena verso il centro. Fa caldo
e l’aria condizionata è d’obbligo. Entro nella piazza intitolata da qualche
anno a Falcone e Borsellino (anzi Falcone-Borsellino, come se fossero una
persona sola) aggirando il giardino centrale. Il motore diesel soffre per la
salita con l’aria condizionata accesa, la ventola che soffia per le alte
temperature. A quel punto Marco (il ragazzo americano), mi fa un cenno verso l’altro
lato della piazza; mi spiega che deve assolutamente fotografare quei vecchietti
seduti in fila all’ombra. È un’immagine eccezionale, dice. Penso che non ci sia
nulla di eccezionale, ma so che una fila di vecchietti con coppola non può non
far parte del bagaglio che un turista si vuole portare a casa dalla Sicilia.
Così, invece di proseguire verso il centro del paese, continuo attorno alla
piazza percorrendola in senso antiorario fino a trovarci accostati al marciapiede
e ai suoi occupanti. Marilena, mia moglie, abbassa il finestrino dal suo lato e
s’incarica di domandare il permesso per una foto. I vecchietti non capiscono,
ma uno più di buona volontà si alza per avvicinarsi. Marco però, è già saltato
fuori dal portello posteriore brandendo in mano il suo tablet. Non mi rimane
che scendere dall’auto alla svelta con le mani aperte davanti a me in un gesto
pacifico per far capire che non abbiamo cattive intenzioni. Dico rapidamente: “Sapete,
il ragazzo è un italo-americano, se si potesse fare una foto”. Il vecchietto sembra
assentire con la testa, poi si gira indietro e fa: “Petro, i signori qui
vogliono che gli fai una fotografia”. Uno di quelli seduti abbozza ad alzarsi,
poi ci ripensa: “La mia machina è in my house, l’haio a casa”. Allora quello in
piedi: “Forse i signori la vogliono fatta con questo”, indicando il computer,
“forse la devi fare tu perché è americano”. Il vecchietto seduto, chiamato
Pietro risponde: “Popò, ma io non lo so usare lu computer, se c’era my son, me
figghio…”
Dopo il primo attimo di sorpresa mi
rendo conto che non hanno capito nulla; per cui mi affretto a spiegare, con
frasi semplici e alzando un po’ la voce: “No, guardi, la foto la vuole fare mio
nipote a tutti voi, se non vi dispiace. Vede, è americano e gli piace fare
delle foto caratteristiche del paese. Per ricordarsi poi del paese quando è in
America. Se per voi signori non è un disturbo … lei dovrebbe tornare a sedersi
vicino ai suoi amici e mio nipote vi fa una foto”. Il vecchietto ha finalmente
capito, così torna al suo posto, all’ombra. Marco subito ne approfitta, punta
il tablet poi dice okay e alza il pollice. A quel punto però un altro anziano,
il più corpulento, protesta: “Ma che foto facisti, a quattro vecchi? Venga
almeno la signora a farci compagnia, che la ingentilisce un poco ‘sta foto!”. Marilena
mi lancia uno sguardo di rimprovero, poi tenta di schernirsi, dice che non ama
mettersi in mostra, non è certo una modella. Partono però le proteste: “Seee, ma
lei è più che una modella, signora, e poi in confronto a noi…”. “Così la foto
se la porta con qualcuno che conosce, che se la porta con qualcuno che
conosce”, si insiste. Insomma Marilena è incastrata. Decide quindi di
affrontare rapidamente la questione dirigendosi a passo di carica in mezzo ai
pensionati seduti, piazzandosi in piedi dietro di loro, piegata un po’ in
avanti, con le braccia dietro le spalle di quelli vicini, sfoderando un breve
sorriso d’occasione. Anche i pensionati in questa foto risultano molto più
allegri che nella precedente. Finalmente ringraziamo, diamo la mano a tutti e
rapidamente ce ne andiamo sulla nostra auto. Fino alla prossima foto.
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