
Uno – Soliloquio
economico
Rintuzza l’attacco dall’eco
canaglia,
un girasole di paglia,
poltrone vetuste dalla
pelle lebbrosa,
la cosa
che muove dall’angolo
buio,
la cinta di cuoio,
rasente
serpente.
Tranquillizzati, mi dico, risvegliati
dagli incubi notturni. Sarà forse un avviso per qualcosa che non va bene, un
avvertimento dei sensi che stravolgono il reale, lo deformano. O forse una
pasta non sufficientemente lievitata della pizza di iersera, non le fanno più
come una volta, ora c’è sempre troppa fretta. Comunque un sintomo di malessere.
Per cosa?
Il malessere, si sa, è
diffuso, l’economia va male, le tasse ci massacrano, i ricchi e i privilegiati
lo sono sempre di più. E questi in fondo sono gli elementi che piuttosto
accomunano il normale cittadino, lo fanno sentire solidale all’altro. Sono gli
argomenti che prevalgono in ogni assembramento di persone, al bar, dal
barbiere, dal barone Tinchitè, dove spesso si riuniscono gli ultimi pochi
notabili del paese, proprietari terrieri. Anche loro soppiantati in privilegi
dall’arrembante classe politica e dai nuovi imprenditori al seguito. Quelli che
per intenderci, non hanno mai speso un quattrino di tasca loro, ma hanno creato
degli imperi finanziari con i fondi statali prima, regionali poi, comunitari
adesso. Ma, ribatterà qualcuno non senza ragione, perché sarebbe un male
approfittare dei fondi comunitari? Già lo facciamo talmente poco che gli
irlandesi raccontano le barzellette sugli italiani che non utilizzano il denaro
che l’UE mette a loro disposizione. Conoscete le barzellette che si raccontano
da noi dove ci sono un inglese, un tedesco e un italiano che da ultimo dimostra
la sua furbizia? E quelle ancora più regionalizzate, dove invece dell’italiano c’è
il siciliano, sinonimo di scaltrezza e originalità nel venir fuori dalle
situazioni più difficili? In Irlanda da qualche tempo raccontano le barzellette
al contrario, dove l’irlandese investe tutti i soldi dell’UE in allevamenti e
produzioni agricole, lo spagnolo in turismo, mentre l’italiano del Sud (il
napoletano è il prototipo) rimane in panciolle a suonare al mandolino “basta
che c’è ‘sto sole, basta che c’è ‘sto mare…”, mentre i fondi comunitari si
dirigono verso i nuovi paesi bisognosi, quelli dell’Est europeo.
Ma che continuo a perdere di
vista l’argomento principale (ammesso che ce ne sia davvero uno). Dicevamo che
bene si fa a chiedere finanziamenti se ci sono idee valide che hanno bisogno di
supporti. Male invece si comporta chi ha molti quattrini e non fa altro che
investirli in borsa o comprando titoli di stato dai rendimenti molto
vantaggiosi, invece che proporre sviluppo nell’economia reale. Finisce, costui,
per mettere a frutto il proprio denaro in azioni, per poi rivolgersi al
politico per avere finanziata la propria attività con fondi comunitari. Chiede cioè
una RACCOMANDAZIONE affinché il proprio progetto venga promosso a scapito di
altri. Ciò che voglio dire non è che si debba immaginare questa come una novità,
sovvenzioni statali e regionali hanno sempre favorito queste iene della finanza
(bene allacciate con la politica). Alla fine, però, si tratta di un’economia
sovvenzionata che non supera la prova dei tagli: non appena la sovvenzione
finisce, il grande imprenditore italiano chiude i battenti e mette tutti in
cassa integrazione. Non prima naturalmente di essersi messo in tasca parecchi
quattrini – quasi tutti provenienti dalle casse pubbliche. Sono cose già viste
molte volte in Italia, la Fiat di Termini ne è solo uno degli innumerevoli
esempi.
Il malessere però è più
profondo, la gente comune sente il disagio di un mondo che crolla, di una Italia
che deve rimodellare al ribasso tutte le proprie pretese, quelle nate negli
anni ’60, quando il bum era ancora solo economico. Ridimensionare il proprio
tenore di vita sarà davvero difficile, soprattutto pensando a tutti i bisogni
indotti cui siamo abituati. Ecco il malessere del cittadino (in particolare di
quello siciliano) abituato a pensare allo Stato, all’amministrazione, come un
grande ombrello che tutti protegge grazie ai soldi apparentemente infiniti della
cassa comune. Ora quell’ombrello si rivela tutto bucato, c’è spazio per
proteggere solo i fortunati. Gli altri vengono usati per drenare il denaro. Ci risveglieremo
per scoprire che è solo un incubo o la realtà futura sarà ancora peggiore di quella
che paventiamo oggi?
Nessun commento:
Posta un commento